StraLi ha l’obiettivo di promuovere la tutela e la salvaguardia dei diritti attraverso lo strumento della Strategic Litigation, come abbiamo spesso raccontato sul sito e sugli altri canali a nostra disposizione. Tuttavia, la Strategic Litigation è per sua stessa definizione una tecnica neutra, che può essere plasmata diversamente a seconda del fine perseguito: la strategia – il ricorso alle aule giudiziarie – è dunque il mezzo fisso, mentre gli obiettivi sono variabili. Come altri prima di StraLi, abbiamo deciso di utilizzare questo strumento per la promozione dei diritti umani, ma vi è chi se ne serve per scopi diametralmente opposti.
Slapp. Un’onomatopea che è diventata famosa grazie ai fumetti (anche se spesso con una ‘p’ sola), evocativa di uno schiaffo dato in pieno volto, che rende pienamente la durezza del gesto e la sua portata violenta e prevaricatrice.
Nel mondo del diritto e dell’attivismo queste cinque lettere rappresentano una sigla: Strategic Litigation Against Public Participation, ossia Strategic Litigation contro la partecipazione pubblica. In questo caso ‘partecipazione pubblica’ è una traduzione leggermente impropria, sarebbe meglio dire contro l’attività pubblica, intesa come qualsiasi forma di aggregazione popolare i cui scopi confliggono con quelli delle grandi multinazionali o degli Stati.
Avendo dalla loro parte il potere economico, questi ultimi tentano di stritolare nella morsa giudiziaria le ben meno abbienti organizzazioni di tutela dei diritti umani e del territorio, che si trovano a dover fronteggiare numerose e costosissime controversie legali.
Chi detiene il potere monetario non è tanto interessato a vincere le cause nel merito, poiché è sufficiente mantenere aperti i vari fronti giudiziali affinché le risorse delle organizzazioni siano a ciò destinate, con inevitabile detrimento delle cause che sono invece il loro primario interesse. Il settore nel quale si sono registrate il maggior numero di controversie con questo fine è quello ambientale: Greenpeace è capofila nel novero delle organizzazioni che hanno ricevuto una sequela di attacchi legali con mero fine intimidatorio.
Sotto questo profilo, basti sapere che la Resolute Forest Products, società che lavora nella produzione di legname, ha intentato nel 2015 una causa contro Greenpeace per l’importo fantascientifico di 300 milioni di dollari canadesi, evocando addirittura il RICO (Racketeer Influenced and Corrupt Organizations) Act, l’equivalente americano dell’associazione a delinquere di stampo mafioso presente nell’ordinamento italiano. Nell’ottobre del 2017 il Tribunale della California del Nord ha rigettato tutte le accuse, dimostrando ancora una volta come questi attacchi siano il più delle volte privi di alcun fondamento giuridico e vadano piuttosto inquadrati nella logica dei rapporti di forza.
Proprio perché lo SLAPP mira ad annientare uno dei diritti fondamentali, e cioè la libertà di espressione, negli U.S.A. molti Stati si sono dotati di apposita legislazione che mira a difendere tale diritto, in modo che sia concessa a chi si difende la possibilità di recuperare le spese legali sostenute e ad ottenere la condanna dell’altra parte al pagamento di danni punitivi a titolo di risarcimento.
La California è uno degli Stati che hanno adottato una legge anti-SLAPP, ma in altre giurisdizioni non è presente un’analoga tutela. La necessità di emanare un provvedimento specifico è determinata dal fatto che queste cause abbiano il solo scopo di intimidire le persone o le organizzazioni di cui fanno parte, privandole pertanto di una libertà cruciale, quella di esprimersi. La Costituzione statunitense riconosce e protegge la freedom of speech attraverso il primo emendamento, ma è opinione condivisa che tale tutela non sia sufficiente: di fronte a comportamenti prevaricatori è necessario garantire qualcosa in più, in modo da scoraggiare in futuro spregiudicate iniziative legali.
Anche la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo riconosce la libertà di espressione, all’art. 10, ma il ragionamento di cui sopra resta valido: i tribunali hanno bisogno di uno strumento che possa salvaguardare in maniera ancor più pregnante ed efficace una delle pietre angolari della società contemporanea.
Sia in qualità di giuristi che come semplici cittadini, non vogliamo rassegnarci all’idea di un mondo dove un soggetto economicamente più forte possa ridurre al silenzio un altro solo attraverso l’esercizio della propria forza, peggio ancora se avvalendosi di organi, quali i tribunali, che sono preposti al rispetto delle leggi e a garantire l’eguaglianza tra gli esseri umani, senza distinzione alcuna.
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