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Winter has come.

Forse bisogna ringraziare la pervicacia e caparbietà di Jon Snow, forse il coraggio di Greta Thunberg, forse le tante e piccole voci che da anni si sfiancano in difesa dell’ambiente, ma finalmente, con colpevole ritardo, sembra che il mondo si stia lentamente destando dal torpore che lo ha avvolto negli ultimi anni e stia prendendo coscienza del gravissimo problema causato dall’impatto dell’uomo sul clima del pianeta, e più in generale sull’ambiente.


Buongiorno principessa!


Fronteggiare adeguatamente il cambiamento climatico ed ambientale richiederà profondi mutamenti a livello sociale, economico, ma anche giuridico, ed è ovviamente quest’ultimo il profilo di maggior interesse per StraLi.


Nell’ambito della strategic litigation sono pochi gli esempi di battaglie giudiziarie che abbiano contribuito a significativi passi avanti sulla tutela del clima e dell’ambiente, mentre più numerose sono state le pronunce che hanno riconosciuto come legittime le attività di organizzazioni quali Greenpeace. Tuttavia, in questi ultimi esempi Greenpeace era chiamata a difendersi dalle iniziative legali altrui, senza avere dunque la possibilità di chiedere in concreto provvedimenti che contribuissero a migliorare la situazione generale. Semplificando, si può dire che la dinamica processuale li abbia costretti a giocare in difesa (ne abbiamo già parlato qua http://bit.ly/slapP).


Scarseggiano invece le pronunce dei tribunali che riconoscano positivamente un diritto a vivere in un ambiente sano come parte del più generico diritto alla salute, per cui sotto questo profilo vi è ancora molto lavoro da fare. Un aiuto può tuttavia giungere dalla Corte Interamericana dei Diritti dell’Uomo, che nel novembre 2017 ha emesso un’advisory opinion, traducibile con ‘parere consultivo’, in materia climatica. Trattandosi di un’opinione e non di una sentenza non ha ovviamente alcun valore vincolante, per quanto autorevole l’organo che l’ha pronunciata.


Il caso

La Colombia si è rivolta alla Corte chiedendo un chiarimento sulle obbligazioni di ogni Stato derivanti dalla Convenzione Americana sui Diritti Umani (nota anche come Patto di San José), nell’ambito della protezione del diritto alla vita e all’integrità personale.


Più nello specifico, la Colombia ha chiesto se uno Stato possa essere ritenuto colpevole di aver violato o anche solo minacciato i diritti umani di una persona causando un danno all’ambiente attraverso la propria condotta.


La Corte ha in effetti riconosciuto l’esistenza di uno stretto legame tra la protezione dell’ambiente e la realizzazione di altri diritti umani, in virtù del fatto che il deterioramento ambientale non può che nuocere all’effettivo godimento degli altri diritti. La considerazione è abbastanza intuitiva e poggia su basi logiche difficilmente confutabili: semplicemente, fino ai giorni nostri non ci si era posti il problema della connessione – che ormai dovremmo definire inestricabile – tra i diritti umani e l’ambiente. Per fare un esempio molto banale: si può parlare di diritto alla salute in un’area ove le falde acquifere sono profondamente inquinate? O peggio ancora, ove l’aria ha una tale concentrazione di microparticelle che il solo fatto di respirare (attività indispensabile per l’essere umano) può causare delle malattie?


Ne consegue necessariamente che gli Stati devono tutelare i diritti umani che sono minacciati dal degrado ambientale, per cui sono tenuti ad adempiere ad una serie di obbligazioni di natura ambientale.


Per di più, il diritto a un ambiente salubre è già stato codificato in alcuni sistemi: per restare nell’ambito americano, l’articolo 11 del Protocollo di San Salvador al Patto di San José riconosce espressamente sia tale diritto che un’obbligazione in capo agli Stati affinché si adoperino per proteggere, preservare e migliorare l’ambiente medesimo.


Questo diritto ha una duplice dimensione: collettiva, in quanto posto a tutela delle generazioni presenti e future, ed individuale, perché appunto la sua violazione può avere gravi ripercussioni sui vari diritti riconosciuti alla singola persona. Ben si comprende, a questo punto, come un ambiente sano debba essere considerato un diritto fondamentale per l’esistenza dell’umanità.


Responsabilità e giurisdizione

La domanda di partenza della Colombia riguardava l’eventuale responsabilità di uno Stato in riferimento alle condotte commesse fuori dal territorio dello Stato medesimo o con effetti che li travalichino. Il concetto chiave analizzato dalla Corte è quello della giurisdizione, che è più ampio rispetto al territorio fisico. All’interno del Patto, la giurisdizione si estende ben oltre i confini geografici e pertanto uno Stato deve garantire il rispetto dei diritti umani a tutte le persone che si trovano sotto la propria giurisdizione, anche se non fisicamente presenti nel proprio territorio.


In altre parole, la Corte sembra gettare le basi per il riconoscimento di un dovere ulteriore in capo agli Stati, che, in virtù della primaria importanza che un ambiente salubre ha nel godimento dei vari diritti umani, devono adoperarsi affinché questo sia adeguatamente tutelato. A tal fine, proprio per evitare che ci si nasconda dietro la scusa della giurisdizione, questo concetto viene interpretato in maniera molto elastica e non può essere invocato in propria difesa.


Il futuro

La strategic litigation può fare molto in materia di diritto dell’ambiente. Dove non arrivano le norme (di qualunque genere e tipo) può invece giungere la pronuncia di un tribunale, che ha il pregio di poter essere eseguita coattivamente, cioè grazie all’intervento della forza pubblica.

In un obiter dictum, espressione latina che indica una frase non strettamente connessa col corpo di un testo, la Corte si è spinta a dire che anche i diritti economici, sociali e culturali sono messi a rischio dall’eventuale mancato adempimento delle obbligazioni poste a tutela dell’ambiente. Questo passaggio sembra voler strizzare l’occhio ad un futuro sviluppo di questa linea argomentativa, ove l’ambiente costituisce una sorta di perno attorno al quale ruotano i diritti umani.


Quando furono concepiti e cristallizzati i diritti umani che ai giorni d’oggi sono considerati basilari, mancava la consapevolezza che questi dovessero necessariamente poggiare, a loro volta, su un altro diritto, collegato però ad una situazione di fatto. Preservare l’ambiente servirà a dare piena attuazione ai vari diritti dell’uomo, perché in assenza di questo elemento resteranno scritti sull’acqua.

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