Il treno della schiavitù

Perché l’Italia dovrebbe sequestrare le merci trasportate dal treno e come stiamo affrontando questa situazione

Un treno, facente parte della “Belt and Road Initiative” cinese e carico di merci prodotte mediante il lavoro forzato nella regione dello Xinjiang, è arrivato a Salerno, in Italia, alla fine di maggio 2024. Insieme a un team di ONG, abbiamo presentato una denuncia dell’accaduto al Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite e un esposto all’autorità giudiziaria italiana per fare luce sulla questione.

Il “China-Europe Railway Express” è un progetto di punta della Belt and Road Initiative (BRI) della Repubblica popolare cinese, che collega Urumqi, la capitale della regione autonoma uigura, con Salerno, in Italia. Alla fine di aprile nell’ambito di questo progetto è partito per Salerno il primo treno merci intermodale, carico di prodotti agricoli. A fine maggio è arrivato a destinazione. Gli 82 container di prodotti agricoli trasportati dal treno, compresi alcuni trasportanti passata di pomodoro, sono molto probabilmente contaminati dal lavoro degli schiavi uiguri. Nonostante l’anno scorso il primo ministro italiano, Giorgia Meloni, abbia deciso di revocare il Memorandum d’intesa del 2019 sull’iniziativa Belt and Road con la Cina, l’Italia ha ora consentito l’ingresso nel Paese del primo treno BRI Cina-Europa portante un carico di merci frutto di lavoro forzato e schiavitù.

Da decenni il governo cinese perseguita il popolo uiguro, azioni che l’ONU ha riconosciuto come possibili crimini contro l’umanità e che sono state ufficialmente etichettate come genocidio dal Dipartimento di Stato americano, dal Parlamento britannico, dalla Camera dei Comuni canadese, dal Parlamento olandese, dall’Assemblea nazionale francese e dal Seimas lituano, nonché da numerosi accademici ed esperti giuristi. Il governo cinese e importanti aziende hanno tratto evidente profitto dallo sfruttamento della popolazione uigura, abusi che si sono intensificati e tradotti in un deliberato strumento di genocidio. In quella regione, i programmi di lavoro forzato imposti dal governo cinese sono così pervasivi che l’Ethical Trading Initiative consiglia ai committenti di svolgere le proprie attività presumendo un alto rischio di lavoro forzato in qualsiasi centro di lavoro all’interno dell’area. Oltre 17 industrie mondiali, dal settore dell’agricoltura a quello dei giocattoli, sono coinvolte nello sfruttamento uiguro perpetrato dallo stato. 

Secondo il rapporto del dottor Adrian Zenz del 2024, “la regione autonoma uigura dello Xinjiang (XUAR) gestisce attualmente il più grande sistema al mondo di lavoro forzato imposto dallo stato, con oltre due milioni di uiguri e altri membri di gruppi etnici a rischio… Nel contesto del programma dello Xinjiang di espansione del trasferimento di manodopera  rurale ed etnica in eccedenza, è molto probabile che i beni [agricoli] coinvolgano il lavoro forzato degli uiguri o di altri gruppi etnici, in riferimento alla semina, alla raccolta e a qualsiasi successiva lavorazione per ottenere valore aggiunto (nel contesto delle politiche agricole industrializzate imposte dallo Stato).”

Come StraLi, abbiamo sollevato la questione sia a livello internazionale, per conto del World Uyghur Congress e di Lawyers for Uyghur Rights, che nazionale, evidenziando come un cargo di prodotti coltivati e prodotti attraverso schiavitù e abusi sia stato portato in Italia, via treno e barca, dalla regione uigura. La denuncia è stata presentata al Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani, e un esposto è stato invece formalizzato nei confronti delle autorità giudiziarie italiane. Questa sfida giuridica riguarda le violazioni non solo dei principi fondamentali della dignità umana ma anche degli strumenti di diritto internazionale, e richiede che i beni recentemente importati vengano sequestrati secondo la normativa nazionale vigente.

Le organizzazioni hanno allegato le prove fornite dal dottor Adrian Zenz, che testimoniano  la prevalenza di prodotti frutto del lavoro forzato nella regione uigura e dimostrano che la schiavitù permea la produzione agricola e non solo.
La richiesta avanzata al Gruppo di Lavoro delle Nazioni Unite su Imprese e Diritti Umani invoca il rilascio di una comunicazione contro il Governo della Repubblica Italiana affinché si attivi sulla questione, disponendo il sequestro della merce e procedendo con le indagini sulle aziende coinvolte nell’importazione. L’esposto all’autorità giudiziaria nazionale, altresì, chiede il sequestro dei beni nonché lo svolgimento di un’indagine penale.

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