L’espulsione come sanzione alternativa alla detenzione
Una questione di legittimità costituzionale
A. è un cittadino albanese di 33 anni, condannato per violazione delle leggi sugli stupefacenti (d.p.r. 309/1990) e detenuto presso la Casa Circondariale Lorusso e Cotugno di Torino. Avrebbe dovuto terminare la sua pena ad agosto 2020, ma nell’ottobre 2018 ha ricevuto un decreto di espulsione come sanzione alternativa alla detenzione dall’Ufficio di Sorveglianza di Torino. Questo tipo di espulsione (art. 15 co. 6 l. n. 189/2002 – art. 16 co. 5 T.U. Immigrazione) si applica automaticamente quando una persona è immigrata senza permesso di soggiorno e condannata a una pena inferiore ai due anni, a meno che non ci siano motivi che impediscano l’espulsione. È possibile opporsi alla misura presentando un ricorso al Tribunale di Sorveglianza entro 10 giorni.
StraLi ha supportato il difensore di A. nella presentazione dell’opposizione contro l’espulsione, poiché A., in Italia da oltre 20 anni, non ha legami con il suo Paese d’origine e attualmente studia all’università. La sua espulsione interromperebbe bruscamente il suo percorso di vita e studi. StraLi ha inoltre assistito l’avvocato nella preparazione di una questione di legittimità costituzionale della norma applicata. Si è richiesto all’autorità giudiziaria di sospendere il processo per consentire alla Corte Costituzionale di esprimersi sulla compatibilità della legge con la Costituzione italiana. Secondo StraLi, l’espulsione come sanzione alternativa alla detenzione, prevista dal Testo Unico sull’Immigrazione, viola il principio della rieducazione della pena sancito dall’art. 27 della Costituzione. La sanzione non favorisce la rieducazione o la reintegrazione sociale, ma interrompe ogni progresso compiuto dal condannato nel processo rieducativo.
Il progresso del condannato, che dovrebbe essere il punto centrale di ogni condanna, viene completamente trascurato nell’espulsione come sanzione alternativa alla detenzione. Mentre le altre misure alternative alla pena prevedono un monitoraggio e una valutazione del percorso di reintegrazione (come l’affidamento in prova), l’espulsione è automatica, non può essere rifiutata dal condannato e non tiene conto del suo percorso di vita. Inoltre, non ha alcun carattere rieducativo. Per questo, secondo StraLi, è in contrasto con l’articolo 27 della Costituzione, che richiede che la pena sia orientata alla rieducazione della persona condannata.
Riteniamo che l’espulsione come sanzione alternativa alla detenzione sia in contrasto con il principio di ragionevolezza sancito dall’art. 3 della Costituzione, poiché applicata automaticamente, senza permettere al giudice di valutare le circostanze specifiche del caso. La legge “Bossi-Fini” impone l’espulsione del detenuto straniero in modo rigido, ignorando il suo percorso di vita, i progressi fatti durante la detenzione, come l’adesione al trattamento rieducativo, l’ottenimento di benefici o il lavoro svolto. La giurisprudenza della Corte Costituzionale ha spesso ritenuto incostituzionali le leggi che prevedono automatismi, poiché non permettono di adattare la sanzione alle circostanze particolari di ciascun caso.
Troviamo un conflitto con il principio di razionalità previsto dall’art. 3 della Costituzione, poiché l’espulsione non viene applicata a chi commette reati gravi, ma colpisce chi ha compiuto reati meno gravi. Inoltre, viola il principio di uguaglianza, creando una disparità di trattamento tra persone detenute espulse e quelle che, invece, possono beneficiare di percorsi di reintegrazione. Questa sanzione alternativa non considera l’evoluzione della persona condannata e discrimina chi, pur avendo una condanna, può rimanere in Italia rispetto a chi subisce l’espulsione solo perché irregolare sul territorio.
Abbiamo individuato possibili violazioni di altri articoli della Costituzione, come spiegato nel dettaglio nell’approfondimento disponibile. Considerando l’espulsione come una “sanzione alternativa alla detenzione”, essa rientra chiaramente tra le pene, strettamente legata alla detenzione. Inoltre, poiché si applica a chi è condannato a due anni di carcere (totali o residui), può essere considerata una sanzione penale. Infine, l’alto livello di severità dell’espulsione, che non tiene conto della storia personale dell’individuo, la rende una delle pene più dure.
Il Tribunale di Sorveglianza di Torino ha purtroppo confermato l’espulsione di A. e respinto la questione di legittimità costituzionale. StraLi ha supportato A. e il suo avvocato nel valutare un ricorso alla Corte di Cassazione, riproponendo anche la questione di costituzionalità. Tuttavia, l’espulsione non è sospesa durante il ricorso, il che significa che A. è stato costretto a lasciare l’Italia e interrompere il suo percorso di studi con conseguente impossibilità di proseguire il contenzioso strategico.