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La Libia non è un porto sicuro - La Corte di Cassazione adotta una sentenza storica che conferma ciò che ONG e organismi internazionali affermano da anni

UpRights e StraLi hanno collaborato sul tema con una comunicazione alla Corte Penale Internazionale per crimini di guerra contro le persone migranti in Libia e, più recentemente, con un report che fa luce sulle gravi violazioni dei diritti umani aggravate dall’attuazione del Memorandum d’Intesa tra Italia e Libia.


UpRights e StraLi accolgono positivamente la recente sentenza della Corte di Cassazione (sentenza n. 4557 del 1° Febbraio 2024, Quinta Sezione Penale). La decisione della Corte di Cassazione conferma la condanna del comandante del rimorchiatore Asso 28, battente bandiera italiana, che, nel luglio 2018, ha intercettato 101 persone migranti nei pressi di una piattaforma petrolifera in acque SAR libiche e le ha consegnate alla c.d. Guardia Costiera Libica, facilitando il loro ritorno in Libia.

La pronuncia, storica, considera il ricorso del comandante del rimorchiatore Asso 28 come infondato e basa la decisione sul“l'elevato rischio [che] i migranti [siano] sottoposti a trattamenti inumani e degradanti nei centri di detenzione [...] presenti sul territorio libico, con l' impossibilità di vedere tutelati i propri diritti fondamentali”. La Cassazione, dunque, dichiara a chiare lettere che la Libia non è un porto sicuro.

Inoltre, la Corte di Cassazione ha ravvisato nella condotta del comandante dell’imbarcazione Asso 28 anche gli estremi di un respingimento collettivo, vietato dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), poiché nell’atto di consegnare le persone alle autorità libiche ometteva di identificare le persone in questione, di assumere informazioni sulla loro provenienza e nazionalità, sulle loro condizioni di salute e di accertare la loro volontà di chiedere asilo, tra gli altri (richiamando anche una sentenza storica della Corte EDU, Hirsi Jamaa e altri c. Italia, del 2012). Inoltre, la Corte ha ravvisato violazione del c.d. principio di non refoulement (o non respingimento), che proibisce all’Italia di riportare individui in Paesi in cui vi è il rischio che siano sottoposti a trattamenti disumani e degradanti, e quindi - come nel caso in questione - in Libia.

Alla luce della sentenza della Corte di Cassazione, UpRights e StraLi chiedono all'Italia di rispettare gli standard e i principi internazionali sui diritti umani, ponendo fine alla complicità con le violazioni dei diritti delle persone migranti che avvengono sistematicamente in Libia.

Il 2 febbraio 2024, StraLi e UpRights hanno pubblicato il report “Navigating Troubled Waters: Italy’s Human Rights Dilemma in the Mediterranean”, che evidenzia le gravi violazioni dei diritti umani derivanti dalla cooperazione con la Libia e, in particolare, come il Memorandum ponga l’Italia in violazione dei suoi obblighi internazionali in materia di diritti umani. Il report ribadisce l’urgente necessità per l’Italia di riformulare il suo approccio alla cooperazione Internazionale in ambito migratorio. In risposta ai più recenti sviluppi, UpRights e StraLi ribadiscono la richiesta di riconsiderare la strategia di cooperazione dell'Italia con la Libia, proponendo due opzioni per garantire il rispetto degli obblighi di diritto internazionale:

  • Modifica del Memorandum tramite l’introduzione di una clausola che specifichi che il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario è essenziale. Questa clausola dovrebbe istituire un organismo indipendente per monitorare il rispetto delle norme, un elenco di misure di attenuazione per le violazioni dei diritti umani e un quadro giuridico per l'accesso effettivo alla giustizia.

  • Termine o sospensione del Memorandum nel caso in cui non fosse possibile introdurre emendamenti coerenti coni principi del diritto internazionale. Le violazioni da parte delle autorità libiche potrebbero giustificare tali azioni ai sensi dell'articolo 60 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati.

StraLi e UpRights hanno anche collaborato alla comunicazione alla Corte Penale Internazionale, ai sensi dell’Articolo 15 dello statuto della Corte, che ha dato avvio a un'indagine sui crimini commessi dai gruppi armati libici contro le persone migranti intercettate in mare e riportate in Libia, e alle responsabilità di autorità italiane e maltesi rispetto a tali crimini.


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