Negli ultimi anni le tematiche relative alla privacy sono molto dibattute.
Mese: Maggio 2019
Oops, we did it again
“Lois, l’ho fatto di nuovo!” urla dolorante Peter Griffin dopo aver montato delle lamette da barba su un ventilatore ed essersi inevitabilmente sfregiato il volto nel goffo tentativo di radersi più velocemente.
Ad ogni modo, ci permettiamo di consigliare ai 253 deputati di cui sopra di imparare dagli errori di Peter Griffin e di non sostenere test per presunti luminari (per capire quest’ultima frase è opportuno vedere il secondo video).
Delicatissime ruspe
Meno di una settimana fa vi ammorbavamo con le nostre elucubrazioni sulla linea sottile che separa la libertà di manifestazione del pensiero dall’apologia di fascismo, arrivando quasi a suggerire un finale più inaspettato del quinto episodio di Game of Thrones: per come oggi stanno le cose, forse l’esclusione di quella casa editrice dal Salone del Libro non è stata un capolavoro di legittimità.
Non possiamo tollerare gli intolleranti. O si?
La casa editrice Altaforte non parteciperà al Salone Internazionale del Libro di Torino. C’è chi gioisce, c’è chi grida allo scandalo, c’è chi rimane indifferente. E poi ci siamo noi, che proviamo a ragionarci un po’ sopra, propinandovi le nostre modeste riflessioni.
Con questa breve legge di soli dieci articoli vengono introdotti nell’ordinamento italiano tre nuovi reati: l’art. 1 vieta la ricostruzione del disciolto partito fascista, l’art. 5 castiga chi partecipa a manifestazioni o riunioni nazi-fasciste, mentre l’art. 4 – che è rubricato ‘apologia di fascismo’ ed è quello che qui più ci interessa – punisce sia chi fa propaganda per ricostruire il partito fascista, sia chi esalta pubblicamente esponenti, metodi, ideali o finalità di stampo fascista; pene più severe per chi manteca il tutto con idee e messaggi razzisti o fa uso del mezzo della stampa per propagandare il proprio illegale pensiero.
Tutto molto bello quanto astratto. Basti pensare che nel 1991 fu fondato un partito dal nome ‘Fascismo e Libertà’, che andò incontro a numerose denunce che si conclusero con archiviazioni o assoluzioni per insussistenza del fatto: quello che non si può fare, secondo la legge Scelba interpretata dai giudici, è la ricostruzione di quel partito fascista, proprio quello che impose la dittatura, quello che andò a gambe all’aria nel 1943.
L’apologia di fascismo, dal canto suo, se interpretata letteralmente ad oggi contribuirebbe in maniera decisiva al sovraffollamento carcerario: dai nostalgici ‘viva il duce’ ai rigidi saluti romani sino alle stonate strofe di faccetta nera; si salverebbero forse i ‘quando c’era lui’ insieme ai ‘l’unico errore fu l’alleanza con Hitler’, ma per il rotto della cuffia.
Intervenne tuttavia la Corte Costituzionale nel 1957 a chiarire che, in nome della sacrosanta libertà di manifestazione del pensiero, il reato di apologia di fascismo sia integrato solo laddove frasi, gesti, dichiarazioni possano dirsi propedeutiche “alla riorganizzazione del partito fascista”, così salvando la norma dalle accuse di incostituzionalità.
Quindi sì, si può fare il saluto romano all’amico con la testa rasata, si può invitare il suddetto amico per due spaghi aglio, olio e negazionismo, ci si può apertamente dichiarare fascisti senza rischiare nulla, se non il tendenziale ribrezzo degli astanti. Un po’ quello che capita con le flatulenze in ascensore.